La levità, che non va confusa con la ‘leggerezza dell’essere’, che è sinonimo di disimpegno, fa di Rosario Buccione un artista di spiccata sensibilità, capace di prodursi in uno sforzo creativo in cui la diafana trasparenza del mezzo pittorico adottato e prescelto, l’acquerello, non ostacola, anzi, per molti aspetti facilita, una presa di coscienza della ineluttibilità dell’ancoraggio ‘materico’.
Tutto ciò viene significativamente messo in evidenza quando il percorso individuale di Rosario Buccione porta l’artista a convergere, qualche anno fa, sulle ragioni del Movimento di ‘Astractura’, facendogliene condividere gli obiettivi e le ragioni identitarie, fino a determinare il processo di trasformazione radicale dei suoi assetti compositivi personali che, però, producentemente, non dismettono, per questo, quell’abito proprio che si definisce di forza espressiva e di capacità di rendere, delle consistenze oggettuali, non solo la datità fenomeneologica, ma anche le vibrazioni più sottili di delicatezza e di scoperta di quell’ ‘animus’ razionale e geometrico che costituisce l’inseità delle cose.
La consistenza asciuttamente ‘materica’ della pratica astrattista di Rosario Buccione diventa, insomma, paradigma della sua stessa proposta creativa in un ideale richiamo d’appello alle nobili ragioni che sono state proprie di tanta parte dell’Astrattismo italiano nello spazio di tempo, ad esempio, tra le due guerre mondiali.
Il novum della proposta di Buccione consiste, avendo conto della sua pratica astracturista, nell’aver definito innanzitutto la profilatura di una coscienza critica, che agisce come riferimento ineludibile per una pratica compositiva che non va a ricercare l’equilibrio formale come prodotto addizionale rispetto ad un ordito pregresso e premesso.
Il Nostro procede, infatti, a rendere attiva la pregnanza signica attraverso l’intervento di azione sulla propria coscienza produttiva in un tentativo di scoperta e di acquisizione di sempre più avanzate consapevolezze personali.
Rosario Pinto