Bruno D’Angelo all’interno delle logiche astracturiste
La definizione sintetica della attività artistica di Bruno D’Angelo può essere contenuta nella formula di una processualità creativa in cui le dinamiche della preterintenzionalità agiscono all’interno della prospettiva di progetto secondo l’ordine della costruzione geometrica.
La personalità di D’Angelo va letta sullo sfondo di una fenomenologia che addita la realtà come la consistenza di ciò che una nozione empirica del tempo definisce come presente, evitando, però, di norma, di affermarne il vero darsi come esperienza imponderabile e terrificante di futuro che si sbriciola tra le mani.
Sono così proposte le differenze tra possibilismo e probabilismo, che – al di là delle implicazioni matematiche, che qui non sono in delibazione – definiscono i campi di intervento per l’artista che voglia fornire una rappresentazione delle cose, considerandone l’instabilità di stato.
Come insegna Heisenberg, l’intervento conoscitivo interagisce, a livello subatomico, irredimibilmente, col fenomeno stesso, suggerendo di chiamare in causa il dettato di Berkeley, che spiega, nel ‘700, l’esistenza delle cose solo in quanto percepite dal soggetto che, percependole, appunto, le conosce e, conoscendole, addirittura le crea.
Si giustifica così l’assetto della pratica di ordine ‘concretista’ che si sviluppa, ad esempio, secondo l’intuizione maturata da van Doesburg, negli anni del decennio dei ’20 del ‘900.
Qui si afferma il dato distintivo dell’attività creativa di Bruno D’Angelo che va ad estrapolare dalla datità di una formulazione puramente mentale l’opportunità di offrirsi di una serialità stocastica ove la formulazione delle risultanze visive si dispone secondo un darsi preterintenzionale, ma, non per questo, privo di una sua imperscrutabile ratio.
Tutto ciò può avvenire perché il dato distintivo dell’esperienza produttiva di Bruno D’Angelo si colloca nel proprio della qualificazione creativa astracturistica, scandita secondo il triplice orientamento di indirizzo linearistico, cronotopico e cinestetico.
Matura quindi la pienezza convincente che qualifica l’impegno creativo di D’Angelo, nel momento in cui, di fatto, l’attività creativa dell’artista non rimane ‘concretisticamente’ confinata nel rapporto duale creatore-opera, mirando egli, piuttosto, ad ampliare la sfera di interazione, che coinvolge il fruitore, rimodellando, ad esempio, costantemente, la collocazione spazio-temporale del fruitore stesso e delle cose, fino a creare un sistema organico, profondamente razionale nei suoi assunti logici ed altrettanto profondamente ingovernabile che, però, esprime sempre, e con chiarezza, l’assunto di base di un darsi che inarrestabilmente si rinnova, dotato di una sua propria incontenibile vivacità progressiva.
Rosario Pinto
Articolo di Rosario Pinto pubblicato il 20 luglio 2020
