Questo quadro d’insieme, che offre spunti di affaccio sulla lunga storia di Astractura e sull’ampiezza anche pluridisciplinare della propria proiezione creativa e riflessiva, che abbraccia anche ambiti produttivi come quello della Letteratura, dell’Economia, della Musica, del Cinema ecc., suggerisce di poter osservare il Movimento come un tentativo molto ampio e pluridisciplinarmente dilatato di fornire – attraverso l’additamento di un’’estetica’ intesa come percezione temporalmente instabile – il quadro di una Weltanschauung ben più lontanante di qualsiasi forma di discutibile ‘estetismo’ o di prospettiva di deriva.
Abbiamo lasciato planare la nostra attenzione su molte delle più significative personalità di artisti che animano ed hanno animato l’universo di Astractura, scegliendo – solo per ragioni di economia di spazio – di non andare a soffermarci su alcune figure che non sono rimaste a lungo all’interno del Movimento – tra cui citiamo di passata, e solo a mo’ d’esempio, Monia Romanelli di Perugia o Luisa Russo di Napoli – della cui azione permane comunque una traccia che meriterebbe una profilatura più ampia. Nell’aver conto della visione complessiva, comunque, che si può offrire dell’azione svolta dal Movimento e dal suo Gruppo nel campo più ampio della pratica astrattista, merita attenzione di sottolineare che l’azione degli artisti non deve leggersi come una congerie frammentata in cui – disiecta membra – le parti potrebbe sembrare che agiscano con una dispersione ondivaga, piuttosto che, come Astractura favorisce, con rispetto massimo e considerazione compunta della autonomia propositiva di ciascun artista.
Proprio la vocazione ad una concezione dell’Astrattismo come dispiegamento di un’opportunità plurale e multiversa, peraltro, consente, insomma, ad Astractura, di proporre la propria candidatura ad essere la ‘casa comune’ di tutto l’Astrattismo, non come luogo di indifferenziate confluenze eclettiche, ma come luogo in cui la concezione dell’Astrattismo come una ‘filosofia visiva’ (meglio ancora, ‘visuale’) può dar ragione della riconducibilità ad unum delle ragioni di fondo che giustificano e spiegano la determinazione di base di netto profilo ‘analitico’ che accomuna tutte le ‘variazioni sul tema’ dell’indirizzo astrattista, specificamente distribuite in tanti accorpamenti, gruppi e movimenti distintamente identificabili. (Abbiamo già citato la mostra promossa da Astractura di ‘Astrattismo Ecumenico’ del 2014, ed aggiungeremo ancora l’iniziativa espositiva presso il Centro culturale di ‘Isiclass’ a Nocera Inferiore, ove, nel 2016, viene proposta una prospettiva integrata dei vari aspetti della delibazione astrattista in Campania dal titolo di ‘Astractura – Le ragioni dell’Astrattismo’, cui segue, l’anno successivo, nel 2017, presso la stessa sede e nel contesto degli incontri promossi dal circuito ‘AMACI’ la ulteriore rassegna di ‘Astractura – Proposte e coinvolgimenti nel segno dell’Astrazione’).
All’interno della galassia astrattista, Astractura, comunque, conserva e tutela la propria identità e, con essa, la autonomia degli artisti, cosa che viene giudicata un fattore di ricchezza del Movimento e del suo Gruppo.
Il tema della autonomia, insomma, si rivela quello centrale nella dinamica dei rapporti interni del Gruppo di Astractura, nutre la creatività individuale e non giunge a scalfire l’unità complessiva della ‘prospettiva’ unitaria astracturista, che si rivela agente proprio attraverso la riconoscibilità – anche empirica – dell’afflato linearistico, cronotopico e cinestetico che distingue le manifestazioni creative dei vari artisti astracturisti.
Ecco, allora, che, all’interno di Astractura, trovano ragionevole specchiamento in prospettiva di reductio ad unum non soltanto le istanze che noi – per comodità d’uso – abbiamo definito ‘costruttiviste’, ma anche quelle più sotterraneamente ‘concretiste’, come quelle di sensibilità ‘concettuale’, ma anche le stesse singole personalità degli artisti, che, non costipate all’interno di disciplinari obbliganti (magari discendenti dall’inopportunità di un ‘manifesto’) possono essere debitamente riconosciute alla luce delle ‘prospettive di indirizzo del Movimento’, che consistono, lo ripetiamo ancora, nel privilegiamento linearistico, cronotopico e cinestetico.
Così può trovare pienamente ragione quella libertà di esplicitazione formale, che risulta tanto più preziosa e dirimente quanto più vale a garantire a mantenere salda e costante la affermazione delle consistenze ‘contenutistiche’ che sono le ragioni di base in virtù delle quali può essere garantita all’opera d’arte la sua autonomia propositiva.
Alla luce di tutto ciò, insomma, può convincentemente verificarsi quanto significativa ed imprimente si affermi la carica, ad esempio, cinestetica, pur nelle diverse scansioni che ne offrono, su due versanti apparentemente opposti, sia Carmen Novaco che Saverio Cecere e, per altri aspetti ancora, l’ineffabile prodotto creativo di Salvatore Giunta, nel momento in cui la prima suggerisce l’intervento posizionale del fruitore, l’altro il dislocamento dello spettatore ed il terzo, infine, la chiamata in causa della luce come fattore significativo e determinante che accompagna il fruitore e ne dirige la sensibilità d’osservazione partecipativa.
Una netta profilatura d’ordine cronotopico accompagna lo svolgimento armonico dell’opera di Bruno D’Angelo che lascia perfettamente intendere come solo un riposizionamento spazio-temporale costantemente mutevole può dar ragione interpretativa di un coacervo propositivo di ordine linearistico in cui agisce dirimente la possibilità di osservare il movimento eidetico che si fa cifra di una costante opportunità di rimodellazione dello spazio.
Analogamente, sul piano della sensibilità linearistica, sarà opportuno il richiamo alle profilature più recenti che ne offre Francesco Gallo, che riesce a costruirne un ordito sempre più essenziale e disfratto, andando ad ottenere quasi una opportunità d’ingresso apparentemente incongrua ed ingiustificata proprio nelle ragioni in cui la pratica ‘costruttiva’ dell’immagine – quelle delle artiste precedentemente additate di area nordica, diciamo – dispiega la forza massiva di assetti propositivi che trovano riscontro nella sensibilità compositiva che appartiene, peraltro, anche alla delicatezza d’animo di Angelo Bellani, ineffabile artista di compunta serietà e di accorta e meditata solerzia progettuale che sa dare al suo raffinatissimo impegno costruttivo l’apparente impermanenza d’una levità procedurale che non vorrebbe lasciar trasparire né al ‘colto’, né all’ ‘inclita’, tutto lo sforzo ‘concettuale’ che si addensa dietro tanta fatica d’impegno, quello stesso che traspare, ma con altro abbrivio programmatico, nella ‘levità’ pragmatica che distingue le compitazioni di Rosario Buccione.