Astractura è una parola non rilevabile tra i lemmi della lingua italiana ed è stata coniata per definire la capacità strutturante che hanno le idee quando non costituiscono una sovrapposizione alla realtà fenomenica, bensì il tentativo della sua interpretazione, un tentativo che deve spingersi fino al punto estremo di spiegare la identificabilità, nel concetto di conoscenza, di quello stesso di creazione, nel senso, cioè, che conoscere significa creare.
Ciò significa, più apertamente, che il reale (in tutte le sue forme, aspetti, manifestazioni e consistenze) non ha regole esistenti a-priori ma che le regole che noi identifichiamo nel reale non sono altro che il prodotto della nostra conoscenza del reale stesso e, quindi, il risultato dell’attività creativa della nostra mente.
Creare non significa, quindi, banalmente, ex nihilo facere, quanto, piuttosto, estrapolare senza dover disvelare: procedere, cioè, a scrivere – non a riscrivere – le leggi della natura muovendo dall’interno della natura stessa.
Può essere utile osservare, infatti, che la natura è così come è, e quelle che appaiono come leggi che la governano ab aeterno non sono la manifestazione d’un disegno che agisce ex professo, ma semplicemente il frutto della creazione d’un ordito significativo con il quale il soggetto umano imbriglia in un contesto organico delle processualità evenienziali, fornendo loro quell’architettura logica che può consentire ai soggetti umani di avere delle chiavi d’accesso alle latebre via-via più profonde della natura stessa.
Per tali motivi, Astractura sceglie la via ‘geometrica’ – che non può intendersi limitata, evidentemente, alla sola scansione euclidea – poiché la via ‘geometrica’ è quella che consente di creare con più chiara leggibilità un ordito significativo capace di rivelare le ragioni delle cose non limitandosi a descriverne una presunta ipostasi metafisica, ma procedendo a fissare i punti per una mappatura di orientamento di un percorso interno alla natura estrapolandone le ragioni eidetiche non metafisicamente pregresse.
Astractura osserva, infatti, che, pur nel pieno rispetto di convinzioni personali in cui può addensarsi un patrimonio psicologico di matrice a-logica ed emotiva, non è possibile confermare l’esistenza o la argomentabilità razionale di motivi sufficienti a giustificare la prospettiva pretestuosa di un disegno mentale e volontaristico che possa aver preceduto l’approntamento di un progetto rispetto al darsi evenienziale della natura o, se si preferisce, del reale fenomenico (in tutte le sue forme, aspetti, manifestazioni e consistenze).
Ciò che conferisce senso logico o, se si vuole, scientifico, a tutto ciò che ci circonda è, quindi, l’architettura logica che la mente umana – dotandosi di strumenti sempre più sofisticati – riesce a creare attraverso la descrizione epistemologica di ciò che osserva.
E, pertanto, è dovere imprescindibile per la ricerca scientifica evitare di piegare le manifestazioni dell’esistente fenomenico alle esigenze dell’istanza psicologica ed emotiva, agendo, invece, con l’umiltà dell’osservatore analitico che è cosciente di non essere uno spettatore soggiacente, ma il protagonista di un’operazione di altissimo rilievo, che è quella di conferire senso logico ad una processualità naturale che – senza regole scritte anticipatamente da una mente ordinatrice – segue semplicemente il suo corso secondo una scansione che il soggetto umano riesce a cogliere come espressione della dialettica spazio-temporale.
Astractura è la via autonoma, propria ed originale dell’arte nell’approccio creativo alle istanze manifestative dell’esistente fenomenico, una via ben distinta, ma non pregiudizialmente aliena, dalle metodologie della ricerca scientifica, una via, peraltro, distinta anche dall’approccio alla conoscenza della natura perseguito per adesione emotiva.
Astractura agisce rastremando al limite estremo le modalità espressive della creatività e privilegia, pertanto, il ‘Linearismo’, che si esplica secondo ragioni di interpolazione spazio-temporali – la ‘Cronotopia’ – per attingere la consistenza propria del ‘Cinestetismo’ che fornisce ragione della estrema mobilità relativistica.
Rosario Pinto